Riflettere oggi su Lorenzo Lotto significa confrontarsi con un artista così duttile e sensibile da sfuggire a ogni definizione storicamente delimitata. Fin dai suoi esordi è come se Lotto si sentisse esonerato dalla responsabilità di stare in una linea, di seguire un tracciato. La sua è subito un'altra storia. Per la storia ufficiale occorre rivolgersi ai colleghi che sentivano la necessità di appartenere a una tradizione e di rappresentarne l'evoluzione. Una coscienza chiara, evidente, che subito consente al Lotto di percorrere altre strade a partire dalle composizioni più tradizionali come le pale d'altare, ma soprattutto nei ritratti. Lorenzo Lotto capisce subito la grande opportunità di stare ai margini, fuori da ogni regola e da ogni controllo. Il potersi muovere nei luoghi remoti delle Marche e del Bergamasco gli consente di sperimentare e raccontare con una libertà senza precedenti e non per l'obbligo di essere moderno, ma per il piacere di cercare soluzioni nuove in un'ansia di esprimere stati d'animo, interiorità, emozioni, senza dover rispondere a nessuno, senza doversi misurare. Pochissimi pittori nella storia hanno goduto di tale libertà (questo il senso dell'intervento in catalogo di Vittorio Sgarbi).
Lorenzo Lotto giunge trentenne a Roma nel 1509, chiamato da papa Giulio II, dopo aver lasciato le tranquille province venete e marchigiane per il grande cantiere del classicismo rinascimentale. Dopo meno di un anno, però, abbandona ogni incarico romano, riprendendo quell'inquieto vagabondare che lo condurrà a farsi padre oblato nella Santa Casa di Loreto, dove muore nell'inverno del 1556-57. La mostra ha un andamento tematico, condizionato dagli spazi espositivi delle Scuderie: al primo piano l'evoluzione del tema della pala d'altare, al secondo i ritratti e le storie sacre e profane, il che però obbliga a salti temporali e geografici.
Il visitatore è accolto dal polittico di Recanati, importante commissione che inaugura il rapporto con l'ordine dei domenicani, durato tutta la vita: i particolari dipinti con assoluta precisione e il senso di un colloquio divino ma al tempo stesso intimo e domestico sono i tratti precipui di questo capolavoro, permeato di tristezza diffusa. A destra la pala di Asolo, con il paesaggio al centro della composizione descritto in modo nordico. A sinistra la pala di Santa Cristina al Tiverone: gli aspetti della quotidianità e dell'umana concretezza sono riferibili a Giorgione, mentre il neoplatonismo rimanda a Bellini (strabiliante la lunetta con il Cristo morto sorretto da angeli per il corpo carnale e pesante, la posta sbilanciata verso il fruitore, l'atmosfera intensamente patetica).
A seguire un frammento della predella della Trasfigurazione di Recanati (l'Assunzione della Vergine), accanto alle predelle per l'inamovibile pala di San Bartolomeo a Bergamo. Poi tre opere devozionali a confronto che indagano la figura di San Girolamo penitente, provenienti da Parigi, Roma e Sibiu. La Madonna in trono da San Bernardino in Pignolo è popolana nel gesto e nel viso assomiglia alla Madonna dell'Annunciazione di Recanati (ma anche alle Annunziate di Ponteranica e Jesi), ai cui piedi l'angelo è intento a scrivere (raffigurato in copertina del catalogo).
Bergamo e la sua provincia ospitano opere complesse, come il polittico di Ponteranica con l'invenzione dell'angelo che emerge luminosissimo dall'oscurità. Le pale intorno raccontano quindici anni della pittura di Lotto fra Venezia e le Marche. La Trinità di Bergamo con l'ombra di Dio dietro Gesù, il San Nicola di Venezia con un paesaggio puro e perfetto (vegliato dal protettore delle tempeste), il San Cristoforo di Loreto con il tratto inconfondibile di costa marchigiana a sud del Conero e l'Adriatico solcato da delfini e candide vele, il manifesto poetico dell'elemosina di Sant'Antonino, la limpida essenzialità della Madonna in gloria, la "Madonna con Bambino fra i Santi Caterina e Tommaso" da Vienna, l'aristocraticissima Santa Caterina nelle nozze mistiche alla presenza di Niccolò Bonghi, la Santa Caterina d'Alessandria dell'Accademia Carrara.
Sul fondo, a chiudere la sezione, la Madonna del Rosario di Cingoli, iconografia inconsueta che unisce una sacra conversazione ai medaglioni del rosario, appesi su un roseto come ex-voto; incantevoli gli angioletti in primo piano che gettano petali di rose da un cesto di vimini. Di fianco un'adorazione dei pastori dalla Tosio Martinengo con il Bambino che tocca curioso la testa di un agnello.
Al secondo piano il Lotto ritrattista, già diciottenne con la ricca borghesia trevigiana nelle immagini del vescovo Bernardo de' Rossi (con gli occhi vitrei e la mano che serra il cartiglio) e della sorella Giovanna, presentate accanto alle "coperte", le tavolette allegoriche che, scorrendo lateralmente, andavano a coprire i ritratti per celebrare le virtù familiari, declinate in modo lirico e sognante in linea con il neoplatonismo. Di fronte, il piccolo ma prezioso "Giuditta con la testa di Oloferne", committenza del soggiorno romano.
Prima di altri ritratti, la sezione sulla pittura devozionale, tratto costante della carriera di Lotto, sempre attento a dare nuova vita ai temi tradizionali. Si comincia con "Madonna con Bambino fra i Santi Ignazio di Antiochia e Onofrio", i due antitesi fra vita attiva e vita contemplativa (il Bambino pare più attratto dalla prima che dall'aspetto dell'eremita, figlio del re dell'Etiopia). Quindi le Nozze mistiche di Santa Caterina da Palazzo Barberini, la cui figura ha un bellissimo ciondolo appeso alla cinta (rilevante l'introspezione psicologica dei santi e l'emergere dal buio di quelli in seconda fila). Molto esplicito, in "Madonna con Bambino e i santi Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria", il rimando alla Passione: Gesù è sopra una piccola bara, lo scoiattolo in braccio alla Santa è preveggenza della catastrofe e annuncio del destino di Gesù. La moraleggiante "Susanna e i vecchioni" potrebbe essere stata la "coperta" di un ritratto, mentre nel "Commiato di Cristo dalla madre" è presente la committente (splendida l'architettura, aperta su tutti i lati e articolata, sulla destra, in altri spazi in prospettiva: una stanza con una scrivania e un libro posato sopra aperto, mentre un micetto passa indifferente, e in successione una camera con un letto a baldacchino). Completa la "Madonna con Bambino e i santi Rocco e Sebastiano" da Ottawa.
Due Annunciazioni affrontate (Recanati e Jesi) sono il momento più intenso, interessante e commovente del percorso. Giustamente la quella di Recanati è stata scelta come immagine iconica della mostra: il planare dell'angelo spaventa il gattino che fugge via con la schiena inarcata e il pelo drizzato, mentre la Madonna in primo piano offre al fruitore occhi dilatati, tenerissimi, "gli occhi più commoventi della pittura, spalancati, con le pupille grandi come laghi cupi nel buio; laghi del cuore, dove un'anima s'affaccia e spaura, timida a confessarsi, torbida quasi per troppa innocenza" (Francesco Arcangeli).
Prosegue fino alla fine la lunga galleria dei ritratti: il Gentiluomo dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia (con la pletora di simboli mai chiariti definitivamente: lucertola, petali di rosa, anello e collana, scialle), il triplice Orefice da Vienna, l'antiquario Andrea Odoni dalle collezioni della regina Elisabetta (ottima la scheda in catalogo che fa un'esegesi delle sculture antiche raffigurate), il Domenicano dai musei civici di Treviso, Lucina Brembati con l'ermellino ringhiante e il nome scritto nella luna ("na" al centro della falce per LU-CI-NA), i dottori della Torre padre e figlio, il Gentiluomo della Galleria Borghese con i simbolici oggetti sotto la mano, il Gentiluomo in terrazza dalla posa in movimento, l'architetto da Berlino (con il compasso in mano, mentre il Balestriere ha la balestra e il Chirurgo – raffigurato con il figlio – i ferri del mestiere), l'Uomo col cappello di feltro in mano da Ottawa, il Gentiluomo con lettera e guanti, anche Febo da Brescia ha i guanti in mano, mentre Laura da Pola un ventaglio piumato.
Meno significativi mi sono parsi il "Putto che incorona un teschio", "La Castità mette in fuga Cupido e Venere" e "La Fortuna infelice abbattuta dalla Fortezza". Ma la conclusione è affidata alla Presentazione al tempio da Loreto, ultima opera di un Lotto che vive nel monastero della Santa Casa, ormai quasi cieco, una tela con le pennellate sgranate, imprecise: commovente.
I visitatori assistono in diretta al restauro della cimasa del polittico di Recanati (in mostra c'è una copia fotografica): il laboratorio ha la finestra aperta sulla piazza del Quirinale, uno dei luoghi irripetibili d'Italia, particolarmente significativo in questo periodo di festa per i 150 anni dell'Unità.
La mostra, dedicata al marchigiano Pietro Zampetti "infaticabile esegeta" del Lotto scomparso a gennaio, è completata da "Terre di Lotto", un percorso tra Marche, Veneto e Bergamasca.
Roma, Scuderie del Quirinale, fino al 12 giugno 2011, aperta da domenica a giovedì dalle 10 alle 20, venerdì e sabato dalle 10 alle 22,30, ingresso euro 10,00, catalogo Silvana Editoriale, infoline 06.39967500, siti internet www.scuderiequirinale.it www.lorenzolotto.info